Nelle Residenze Sanitarie per anziani il virus ha avuto due giri di vantaggio, non possiamo fare finta di niente.
Arrivare prima. Fare presto. Fermare l’epidemia, con tutti i mezzi a disposizione. Curare tutti il meglio possibile.

Questo potrebbe essere il mantra che ha contraddistinto questo periodo di pandemia; vivi e morti, positivi e negativi, malati e guariti tutti dentro ad un vortice di paura e confusione.
E si sa’, nella confusione, si lascia indietro i più deboli, coloro che non possono tenere il passo o che sono troppo fragili per cavarsela da soli. In tempi di coronavirus COVID 19 i fragili delle RSA sono rimasti indietro, accuditi certo, da uomini e donne che, senza “mezzi a disposizione” se non la propria professionalità e umanità, stanno assistendo alla morte di tanti, troppi anziani.
Si sta perdendo terreno, terreno fatto di sangue delle persone che vivevano nelle RSA e di lacrime dei loro familiari. Sapete chi sono loro?
Sono la nostra storia! Certo ora sono malati, smemorati, stanchi, vecchi ma rimangono coloro che hanno reso possibili invenzioni e progresso, lasciati morire senza pietà in un letto solitario di quello che dovrebbe essere un luogo di cura. In queste strutture troppo spesso mancano competenze, personale ma soprattutto volontà di rendere gli ultimi anni di vita di una persona dignitosi e sereni; il Dio denaro vince sempre sull’umanità di alcuni amministratori, purtroppo.

Come mai il nuovo ospedale “Fiera”, costato 21 milioni di euro, non è stato utilizzato per aiutare anche questi malati? Come mai i dispositivi di protezione individuale non sono una dotazione standard di questi luoghi?
In questi giorni sono iniziate le indagini in molte strutture lombarde, ma adesso cosa cerchiamo? Una commissione cosa cercherà? Si faranno domande sulla gestione Covid allo scopo di trovare una qualche verità?

Operatori costretti a lavorare senza DPI, ospiti positivi e negativi costretti a convivere, cattiva informazione e inadeguato coordinamento da parte della Regione, cosa si cercherà tra le carte? Forse a questo punto della storia si dovrebbe volgere lo sguardo, finalmente, alle persone, agli operatori sanitari impegnati da settimane nel tentativo di mettere in salvo delle vite, a rischio della propria salute e di quella delle proprie famiglie. Forse si dovrebbe dare risposte chiare a chi piange i propri cari, ma questo è un altro capitolo di questa vicenda drammatica.

Quanto letto sopra è il racconto di un nostro amico, Francesco (nome di fantasia), lavoratore di una RSA, ma soprattutto persona che ama i propri “nonni” e che, stanco, disarmato, avvilito ha voluto condividere con noi la sua esperienza sul campo. Non vuole che si torni alla normalità che dimentica le persone, i fragili, i malati ma vuole una nuova normalità, che non lascia indietro nessuno, e riveda le proprie priorità in favore di una buona vita e non solo di un buon attivo di bilancio. Solidarietà e cura dell’altro sono parte della nostra cultura, sappiamo essere generosi e riusciamo a dare molto agli altri, senza pensarci troppo, senza volere nulla in cambio. Francesco ci racconta anche della sua vita quotidiana fuori di casa e lontano dalla famiglia; da un mese vive in un’altra casa, un alloggio che gli è stato dato in prestito da una persona che, senza conoscerlo, ha deciso di mettere a disposizione la propria casa per rendere la sua vita meno complessa e più sicura. Tanti hanno fatto lo stesso gesto di solidarietà verso perfetti sconosciuti che aiutano ma hanno anche bisogno di aiuto.

Francesco, ed altri suoi colleghi, hanno voluto dire la propria sulla vicenda perché adesso che il vaso è stato aperto si dirà che le amministrazioni sapevano, che Regione Lombardia aveva mandato circolari e fatto delibere alle Aziende Sanitarie, che i tecnici avevano dato giuste disposizioni o, alla peggio, che il virus è molto aggressivo e quindi non si poteva fare niente per queste persone. Quello che non verrà detto probabilmente è: “non abbiamo capito la gravità, ci dispiace, si doveva fare meglio”.

Questo circolo crede fermamente che la sanità, pubblica e privata, deve essere per il cittadino, al servizio del suo benessere e non di politici desiderosi di vantarsi delle proprie proposte; la Costituzione italiana, art. 32, definisce la salute un diritto fondamentale dell’individuo senza fare distinzione e senza valutarne “l’utilità sociale”. Mentre la magistratura fa il suo corso, non dimentichiamo i “nonni” di Francesco e di tutti gli altri operatori sanitari che vivono le RSA come luoghi di lavoro ma anche di vicinanza affettiva ed empatia, perché questa strage non va dimenticata e non può essere reiterata a causa dell’egoismo di qualche amministratore delegato o politicante. Il primo ottobre 2020 sarà la Giornata Internazionale delle Persone Anziane, entrate in una di queste strutture, andate a trovare, con la mascherina e i guanti se servirà, tutti coloro che abitano questi luoghi perché è nei loro occhi che, ancora una volta, la storia si renderà visibile.

Cristina Ursino, Circolo PD di Limbiate

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