Si è votata oggi in Aula, a Montecitorio, la mozione del PD sulla riforma della cittadinanza a prima firma Bakkali. Insieme alle altre tre presentate dai partiti di opposizione (M5s, Avs, Più Europa, Italia viva e Azione) è stata respinta dalla maggioranza. Diversamente da quanto annunciato nelle scorse settimane, non è stata presentata alcuna mozione da parte dei gruppi di maggioranza. Questo mentre la raccolta firme per il referndum sulla cittadinanza, presentata da +Europa, ha fatto registrare un vero e proprio boom di adesioni, superando in pochi giorni le 500mila firme. A ribadire che quella che si chiede è una riforma necessaria e di civiltà, che il Paese vuole e attende da troppo tempo.
Sono cinque i punti salienti della proposta del Partito democratico:
1) Nati in Italia (Ius soli). Riconoscimento della cittadinanza per i minori nati in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno è soggiornante regolare nel nostro Paese da almeno un anno al momento della nascita del figlio.
2) Nati all’estero (Ius scholae). Riconoscimento della cittadinanza a coloro che, giunti in Italia da minori, abbiano frequentato almeno cinque anni il sistema nazionale d’istruzione, inclusa la scuola dell’infanzia.
3) Naturalizzazione. Riduzione del vincolo della residenza continuativa da dieci a cinque anni per chi non appartiene a uno Stato membro dell’Unione europea; a tre anni se appartiene ad uno Stato Ue; a due anni se riconosciuto come rifugiato, o persona cui è stata accordata la protezione sussidiaria o se apolide.
4) Semplificazione delle modalità per dimostrare la continuità della permanenza sul territorio italiano (per chi ha avuto interruzioni involontarie dell’iscrizione all’anagrafe basterà fornire solo certificazioni scolastiche e formative, contratti di lavoro, documentazione sanitaria e altro). La minore età dei figli resta requisito alla presentazione della domanda di cittadinanza.
5) Sport. Riconoscere a tutti i minori nati in Italia o con background migratorio, inclusi i rifugiati e richiedenti asilo, la possibilità di essere tesserati presso le federazioni sportive nazionali. Nei casi di evidente interesse sportivo (confermato da una commissione Coni) poter ottenere la cittadinanza italiana se è stato completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni in Italia, oppure se almeno uno dei genitori è nato in Italia (doppio ius soli), o se uno dei genitori dimostri almeno un anno di residenza regolare.
Riforma della cittadinanza: come funziona in Europa?
Negli ultimi giorni il dibattito sulla cittadinanza in Italia è tornato finalmente su tutte le pagine dei giornali. Il merito? Lo straordinario risultato della raccolta firme per un referendum volto a ridurre il periodo di residenza legale necessario per ottenere la cittadinanza italiana. La proposta ha raggiunto nel giro di pochissimi giorni la soglia minima di 500.000 firme necessaria affinché il quesito possa essere sottoposto alla Corte Costituzionale.
Un segno che i cittadini sono giù più avanti della politica e che le nostre attuali leggi sono vecchie e obsolete rispetto al modello di società in cui già viviamo.
Nonostante questo, le leggi italiane sono fra le più restrittive in Europa. Attualmente ci vogliono 10 anni per chiedere la cittadinanza e cominciare un lungo iter di acquisizione che, come ha ricordato in aula la deputata del Pd Ouidad Bakkali, può durare anche 15 anni. Il referendum chiede che questo tempo sia dimezzato, portandolo a 5 anni.
Ma come funziona nel resto d’Europa?
In molti paesi europei la legge sulla cittadinanza è molto più permissiva e soprattutto più veloce, come racconta bene un articolo de Il Post.
Prendiamo il caso della FRANCIA: per ottenere la cittadinanza serve aver vissuto per cinque anni nel Paese senza interruzioni. Ci sono anche altri requisiti come avere un impiego o una fonte di reddito stabile e superare un esame scritto e orale di francese che attesti una conoscenza a livello B1. Alla fine del percorso bisogna anche superare un esame di conoscenza della storia francese.
In GERMANIA la situazione è simile grazie ad un legge entrata in vigore a giugno scorso. Servono 5 anni di soggiorno nel Paese e non bisogna aver avuto condanne penali di qualsiasi entità.
In SPAGNA il tempo stabilito per legge è di 10 anni ma c’è una norma, molto utilizzata, che accorcia i tempi a due anni per i cittadini di origine ispanofoba. Anche in questo Paese è necessario fare un test di lingua e di conoscenze della storia spagnola.
In AUSTRIA gli anni necessari per ottenere la residenza sono invece sei, di cui almeno 36 mesi in cui si ha avuto un reddito stabile.
In IRLANDA invece gli anni sono almeno 5 così come nei PAESI BASSI.
Anche in SVEZIA per diventare cittadini servono almeno 5 anni di residenza ma non sono richiesti esami di lingua o di storia svedese.
Cosa succede adesso?
Le firme raccolte dal Comitato promotore dovranno essere controllate dalla Corte di Cassazione che ha il compito di assicurare la validità delle firme e la loro autenticità. Da poco tempo è possibile firmare autentificandosi con lo Spid per cui il rischio che vengano annullate sono molto basse. Una volta accertatesi che sia tutto ok verranno passate alla Corte Costituzionale. Il referendum sulla cittadinanza è di tipo abrogativo, questo vuol dire che modifica una legge già esistente (nello specifico quella introdotta nel 1992 su questo tema).
Se dovesse passare la nuova legge, si stima che coinvolgerebbe circa 2,5 milioni di persone in Italia.