Principali proposte e azioni

  • Vogliamo rafforzare la capacità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) di affrontare i problemi comuni a tutte le regioni in modo uniforme, superando i divari tra regioni in prevenzione, accesso alle terapie e percorsi diagnostici.
  • Ci impegniamo, proseguendo nel percorso intrapreso dal governo in questi ultimi anni, a un incremento graduale del finanziamento ordinario del SSN fino a raggiungere almeno il 7% del Pil, allineando progressivamente l’Italia ai grandi paesi dell’Europa occidentale.
  • Vogliamo definire e attuare di un Piano straordinario per tutto il personale sanitario, per garantire più assunzioni, remunerazioni più alte, riforma della medicina generale, più formazione - anche diretta all’educazione digitale e ai nuovi modelli assistenziali.
  • Puntiamo al completamento della transizione digitale avviata con il PNRR per agevolare il lavoro dei professionisti e l’accesso al sistema e alle cure della popolazione, valorizzando COT, teleassistenza, telemonitoraggio e teleconsulto.
  • Realizzeremo un concreto e diffuso potenziamento dell’Assistenza territoriale in tutto il territorio nazionale, a partire dalla piena attuazione del PNRR e del DM 77/2022, per dare concreta attuazione alla sfida della prossimità delle cure e dell’integrazione sociosanitaria e sociale.
  • Affermeremo il ruolo dell’Infermiere di Comunità all’interno della nuova rete territoriale anche prevedendo percorsi di avanzamento professionale.
  • Potenzieremo l’assistenza domiciliare per le persone anziane che desiderano evitare la istituzionalizzazione e sosterremo l’adeguamento dei requisiti delle strutture residenziali per coloro che necessitano di adeguata e continua assistenza sanitaria.
  • Vogliamo sviluppare la farmacia dei servizi come struttura di prossimità della rete territoriale in raccordo con le Case di Comunità.
  • Progettiamo un sostanziale rilancio della rete ospedaliera, pronto soccorso e rete dell’urgenza, valorizzando il lavoro di centinaia di migliaia di donne e uomini e affrontando la carenza di posti letto soprattutto in alcune regioni.
  • Ci impegniamo ad attuare un Piano straordinario per la salute mentale, con servizi di prossimità, accessibili, rinnovati e dotati di personale adeguato.
  • Istituiremo lo psicologo delle cure primarie.
  • Vogliamo garantire la piena tutela del libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e la piena applicazione in tutto il Paese della legge 194/1978.
  • Ci impegniamo ad approvare una legge sul fine vita – in linea con la proposta a prima firma Alfredo Bazoli già approvata dalla Camera dei Deputati – per il caso di una malattia irreversibile che causi sofferenze intollerabili, a fronte della piena capacità del malato di assumere decisioni consapevoli, in linea con la decisione dalla Corte costituzionale.
  • Vogliamo tutelare il diritto all’oblio oncologico, garantendo a milioni di persone guarite la possibilità di tornare a progettare la propria vita.
  • Vogliamo riconoscere il diritto di tutte le persone senza fissa dimora all’iscrizione al medico di base.
  • Riteniamo che si debbano rafforzare gli investimenti in ricerca e innovazione per garantire l’accesso alle terapie più avanzate.

Italia 2027: la nostra visione

La pandemia ha mostrato chiaramente che la salute rappresenta un “bene comune fondamentale” per la qualità della nostra vita e una premessa indispensabile per le politiche di crescita e coesione delle nazioni. È partendo dalla dura lezione del Covid e dal mutato contesto sociale ed economico del nostro Paese che devono essere ridefinite le politiche per rafforzare e rinnovare il nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn).

La recente esperienza pandemica è stata affrontata, nonostante le oggettive dif­ficoltà, con efficacia e rigore e ha nuovamente evidenziato il valore fondamentale della Sanità pubblica. Anche per questo decisivo impegno gli italiani continuano a dimostrare fiducia nel Ssn.

Dobbiamo tuttavia riconoscere che sempre più persone sperimentano difficoltà a ricevere cure ambulatoriali, visite specialistiche, accertamenti diagnostici. Insom­ma, ad accedere a quelle cure primarie che la pandemia ci ha drammaticamente ri­cordato devono essere potenziate perché possono limitare le sofferenze, prevenire o rallentare il decorso delle malattie ed evitare il ricorso all’ospedale.

Da troppi anni, i principi fondanti del Ssn, in primo luogo il diritto e l’equità d’accesso alle cure, appaiono sempre più in difficoltà. Difficoltà aggravate dalla pandemia, ma già presenti da tempo, per la carenza di risorse (i tagli alla spesa perdurano dalla crisi del 2009), la riduzione del personale (dal 2009 abbiamo perso circa 45.000 profes­sionisti) e la mancanza di provvedimenti normativi in vari settori.

È necessaria una maggiore consapevolezza del ruolo svolto dalla sanità pubblica quale fattore di coesione e giustizia sociale, di promozione del benessere, di oc­cupazione diffusa e qualificata, di crescita economica. Deve essere praticata la cultura della salute in tutte le politiche, perché la salute si promuove nelle comunità di vita delle persone, soprattutto contrastando la povertà, il degrado ambientale, l’inquinamento, la precarietà, gli incidenti sul lavoro, la solitudine.

Nella prossima legislatura è indispensabile rafforzare il lavoro avviato negli ultimi anni, in particolare con il PNRR, approvando nuove e necessarie riforme, mettendo definitivamente in soffitta una politica sanitaria che non parte dai bisogni di salute delle persone. È questa la strada da imboccare affinché nessuna persona si trovi nella condizione di dover rinunciare alle cure per l’inadeguatezza dell’offerta pubbli­ca.

Innanzitutto, serve un costante e robusto aumento del finanziamento ordinario della nostra sanità pubblica e superare definitivamente i miopi tetti di spesa sul personale sanitario. La spesa pubblica per la tutela della salute degli italiani è il più importante investimento per il futuro del nostro Paese. È un investimento strategi­co per l’Italia del 2027. Il nostro orizzonte politico e culturale è molto netto: il diritto fondamentale alla salute, previsto dall’articolo 32 della Costituzione, non può esse­re limitato da un sottofinanziamento della sanità pubblica. Nel vivo della pandemia sono state fatte scelte in chiara discontinuità con il passato. Anzitutto, aumentando il Fondo Sanitario Nazionale di 10 miliardi di euro in soli tre anni, cui si sono aggiunti 20 miliardi del PNRR. Negli ultimi 2 anni, con 30.800 nuove borse studio, è stato fi­nalmente superato lo storico problema dell’imbuto formativo che limitava l’accesso alle scuole di specializzazione dei neolaureati in medicina. In questo contesto i fondi europei vanno considerati aggiuntivi, per investimenti strategici, e non sostitutivi del fabbisogno ordinario del Ssn. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere nel 2027 almeno il 7% del Pil (le stime per il 2023 sono al 6,4%), allineando progressivamente la spesa sanitaria pubblica a quella dei maggiori paesi dell’Europa occidentale.

I molteplici vincoli imposti alla spesa e alla dotazione di personale stanno infatti de­motivando, decimando e logorando la principale risorsa su cui si fonda un sistema di servizi alla persona: i professionisti. La prossima legislatura deve impegnar­si ad affrontare la questione del personale in tutti i suoi aspetti: dalla program­mazione dell’accesso ai corsi di laurea e di formazione specialistica (che deve es­sere continua e coerente con il fabbisogno di medio-lungo periodo del Ssn), alla trasformazione dei corsi di specializzazione in contratti di formazione e lavoro (rafforzando così l’integrazione e la collaborazione tra Ssn e Università), passando per la formazione continua obbligatoria (che richiede una profonda riforma, per valorizzare le competenze acquisite svolgendo un lavoro professionalizzante e superare la semplice acquisizione passiva di crediti formativi), fino ad arrivare ad affrontare il tema dell’ingresso al lavoro nel Ssn (facilitando e rivedendo le lunghe procedure dell’impiego pubblico e favorendo la continuità tra percorso formativo e lavoro stabile). Vanno previsti indirizzi specialistici nei corsi di laurea degli infermieri e delle altre professioni sanitarie e vanno adeguate formazione e competenze di base e post base degli OSS.

Intendiamo intervenire sin da subito con un Piano straordinario per tutto il perso­nale del Ssn, superando definitivamente i tetti di spesa in vigore da più di 10 anni, evitando il ricorso a personale non strutturato (lavoratori precari, collaborazioni esterne ed esternalizzazioni) e garantendo il tempestivo rinnovo di contratti e con­venzioni nazionali di lavoro. Un Piano finanziato attraverso un adeguato incremento del FSN. Nell’immediato è necessario individuare forme di flessibilità in uscita che rallentino la fuga da ospedali e servizi, sospendere temporaneamente le incompati­bilità che impediscono di contrattualizzare personale sanitario in pensione, rivede­re i livelli retributivi andando verso un allineamento ai livelli dei primi paesi europei (anche per arginare le fughe all’estero o comunque al di fuori del Ssn), intervenire nel settore dell’emergenza con risorse e risposte specifiche che valorizzino tutti i professionisti, riconoscendo condizioni di criticità e disagio uniche e non più so­stenibili. Deve essere valorizzata e rafforzata la presenza della professione infer­mieristica e parimenti di tutte le altre professioni sanitarie. In questo quadro, un aspetto centrale è la piena valorizzazione della formazione specialistica in medicina generale e cure primarie, riconoscendo pari dignità rispetto alle altre specializza­zioni. Il nostro obiettivo è garantire a tutte e tutti l’accesso al medico di medicina generale, nell’ottica di un investimento su un modello di sanità fondato sul concetto di prossimità. Ad agosto 2019 la Lega considerava ‘superato’ il modello dei medici di base, non mostrando alcuna preoccupazione per la mancata sostituzione di 45mila medici che in questi anni raggiungono l’età della pensione. Gli anni drammatici della pandemia hanno mostrato tutta la miopia di questa valutazione e hanno conferma­to, al contrario, la necessità di un supporto sanitario pubblico di qualità, disponibile per tutta la popolazione e sull’intero territorio italiano.

La pandemia ha reso evidente la necessità di riformare e potenziare l’Assistenza Territoriale, il cui progressivo indebolimento, soprattutto in alcune realtà territoria­li, ha aumentato il ricorso al Pronto soccorso e al ricovero ospedaliero e ha aggravato la solitudine delle persone più fragili. Il PNRR si propone di riqualificare l’assistenza territoriale grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), il rafforzamento dell’assistenza domiciliare e la concreta attivazione di un Punto Unico di Accesso per tutti i proble­mi di salute. Una sfida epocale che può cambiare le esperienze di cura delle persone e che il PD intende sostenere promuovendo la puntuale applicazione del DM 77/2022 in tutte le sue parti e in tutte le regioni. In particolare, proponiamo di attribuire tutte le molteplici funzioni che il territorio è chiamato a svolgere nella comunità al Distret­to Sociosanitario, istituito obbligatoriamente in tutte le regioni, facendo coincidere ambiti del sanitario e del sociale. Proponiamo poi attivare in maniera strutturale le Case di Comunità (come previsto dal PNRR), garantendo la natura pubblica ed evitan­do l’affidamento all’esterno del servizio. La Casa della Comunità sarà il punto unico di accesso al Ssn, luogo della prossimità alle persone attraverso la partecipazione dei cittadini alla programmazione, alla progettazione e alla valutazione dei servizi. Nella Casa della Comunità - della quale fanno parte a tutti gli effetti i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, gli infermieri di famiglia e di comunità, gli psico­logi e gli assistenti sociali oltre gli altri professionisti della salute - il metodo di lavoro è di natura interdisciplinare, intersettoriale ed interistituzionale per rendere effet­tivo l’avere cura della persona in quanto tale. Infine, vogliamo rafforzare i percorsi di collaborazione e integrazione sociale e sanitaria, partendo dal dialogo fra Comuni e Aziende sanitarie, valorizzando l’apporto del terzo settore e potenziando all’interno delle équipe professionali la presenza degli infermieri, degli assistenti sociali, degli psicologi e delle professioni sanitarie e sociosanitarie.

I servizi territoriali devono garantire assistenza alle persone con disabilità, tramite professionisti preparati che operano con approccio multidisciplinare per la diagnosi e la presa in carico clinica e riabilitativa, per informare ed accompagnare le famiglie che vivono una situazione di abbandono, per elaborare il progetto individuale di vita, per realizzare percorsi di integrazione e di autonomia orientati alla vita indipen­dente, per definire protocolli condivisi su scala nazionale - in particolare per la disa­bilità complessa, tradizionalmente orfana di soluzioni e di attenzioni istituzionali e sociali, in coerenza con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Un forte e innovativo rafforzamento del sistema di Cure Primarie, e un rinnova­to rapporto di continuità con i percorsi ospedalieri, sono fondamentali anche per procedere concretamente al tempestivo recupero di tutte le prestazioni arretrate - ambulatoriali e chirurgiche - che si sono accumulate a causa della pandemia e che potranno essere meglio affrontate anche grazie all’attuazione del PNRR. È altresì fondamentale una revisione del sistema di governo delle liste di attesa superando la logica del singolo tempo di attesa per la singola prestazione e costruendo invece adeguati e reali percorsi di continuità e presa in carico complessiva della persona. Il privato accreditato va coinvolto nei percorsi di innovazione nell’accesso e nella pre­sa in carico delle persone, nel rispetto della unitarietà del sistema.

Le diseguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari - fra Nord e Sud del Paese, fra re­gione e regione, fra aree urbane, periferie e aree interne - sono sempre più inac­cettabili, soprattutto nell’attuale contesto di grave crisi sociale. La prossima legi­slatura dovrà essere impegnata a ridurre questi divari e a dare a tutti il diritto alla cura, rendendo disponibili tutte le prestazioni previste dai LEA comprese quelle inserite nell’aggiornamento del 2017. È una prospettiva ambiziosa ma non può non far parte di un programma di Governo, anche attraverso un’efficace attuazione dei progetti inseriti nel PNRR e nel programma “Equità e salute” (fondi PON). Per questo è necessario evitare che problemi comuni a tutto il Paese siano risolti solo nelle regioni più strutturate anche rafforzando la capacità del SSN di affrontarli a benefi­cio di tutte le regioni. È necessario riflettere sull’esperienza dei Piani di rientro, fino ad oggi finalizzati principalmente al superamento dei disavanzi di bilancio e non an­che dei deficit nelle garanzie dei servizi, assegnando specifica attenzione al rientro nella buona amministrazione e nella legalità. È necessario intervenire per contenere la mobilità sanitaria, causa di profondi disagi e segno di difficoltà di accesso alle cure (nella sola oncologia riguarda ben il 41% dei casi del Mezzogiorno). Il processo regionalista, nel rispetto dei principi fondamentali della Costituzione e la salvaguar­dia della unitarietà ed equità nell’accesso alle cure, necessita comunque di un forte e autorevole ruolo dello Stato, nell’esercizio delle funzioni di indirizzo, monitoraggio, valutazione, affiancamento, fino alle funzioni sostitutive in caso di gravi carenze.

Non era necessaria la terribile tempesta della pandemia per rendere evidente come il SSN - e in particolare la rete ospedaliera - sia l’infrastruttura più solida del Paese, ma è altrettanto chiaro che per garantire alla popolazione elevati livelli di accessi­bilità, sicurezza e qualità, gli ospedali italiani hanno bisogno di un potente rilancio che valorizzi il lavoro di centinaia di migliaia di donne e uomini competenti che si impegnano fino al sacrificio personale e che affronti l’acuta carenza di posti letto, soprattutto in alcune regioni: l’Italia si colloca al 22° posto con un valore molto al di sotto della media europea (3,2 posti letto ogni 1.000 abitanti, rispetto al valore Ue di 5,3). Per farlo occorre da un lato investire in strutture e tecnologie (comprese quelle digitali), a partire da quanto previsto nel PNRR, ammodernando e razionalizzando l’offerta di servizi con particolare attenzione al Mezzogiorno; dall’altro, coinvolgere il privato accreditato nel processo di riordino, che prevede costruzione delle reti, processi di presa in carico, integrazione ospedale-territorio, trasparenza delle liste d’attesa, rispetto delle priorità assistenziali.

L’intervento di riorganizzazione del SSN non può non includere un grande piano sulla salute mentale. I dati sono assolutamente preoccupanti: secondo l’OCSE, il 17% della popolazione europea soffre di problemi di salute mentale; il dato italiano è prossimo alla media, ma la spesa è inferiore del 20%. Il personale dipendente è net­tamente inferiore allo standard. E così, nonostante il nostro Paese sia considerato dall’OMS un punto di riferimento per la salute mentale, molte persone continuano a ricevere risposte non adeguate. Intendiamo affrontare seriamente il problema del­la salute mentale dando avvio a un Piano straordinario per la salute mentale, per promuovere presa in carico e inclusione attraverso: un aumento dei finanziamenti fino a raggiungere una dotazione almeno pari al 5% del FSN (obiettivo già sottoscrit­to dalle Regioni nel 2001, ma mai raggiunto); lo sviluppo di modelli organizzativi di prossimità, con Centri di Salute Mentale di piccola scala, fortemente radicati e integrati nelle comunità, aperti entro il 2027 almeno 12 ore al giorno, 7 giorni su 7; l’adeguamento del personale dei DSM alla dimensione e alla complessità dei biso­gni, raggiungendo lo standard previsto nel PO1998-2000 (almeno un operatore ogni 1.500 abitanti), mai rispettato; il potenziamento dei servizi di neuropsichiatria per l’infanzia e l’adolescenza, rafforzando l’assistenza ospedaliera in area pediatrica e l’assistenza territoriale in particolare in ambito semiresidenziale.

Infine, per costruire un Paese in cui tutte e tutti si possano sentire a casa, intendia­mo proteggere tutti quei diritti che rischiano di essere dimenticati a partire da: il li­bero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e la piena applicazione in tutto il Paese della legge 194/1978; il diritto delle famiglie a un aiuto concreto, presso il proprio domicilio, nei primi mesi dopo il parto; il miglioramento dell’appropriatez­za delle cure basata sulle differenze di sesso e di genere, nella ricerca scientifica e nella pratica medica; la formazione dei professionisti volta a riconoscere e con­trastare i fenomeni di violenza di genere: il riconoscimento del diritto di morire con dignità e senza soffrire, assistiti medicalmente secondo le indicazione della Corte Costituzionale ( Pdl approvato alla Camera dei Deputati, prima firma Alfredo Bazoli). la tutela del diritto all’oblio oncologico, garantendo a milioni di persone guarite la possibilità di tornare a progettare la propria vita al pari di qualunque altra persona, in linea con la Commissione EU; la promozione della parità di genere nelle posizioni apicali del Ssn, in linea con l’Agenda 2030; il diritto di tutte le persone senza fissa dimora all’iscrizione al medico di base.

Gli investimenti in ricerca biomedica e sanitaria rappresentano la chiave per co­struire il presente e il futuro della sanità: investire in ricerca significa investire nel benessere della popolazione, prevenire e curare vecchie e nuove malattie, in par­ticolare le malattie rare, promuovere conoscenza e capitale umano, sostenere un sistema sanitario di qualità. Vogliamo incentivare la ricerca attraverso numerosi strumenti. Innanzitutto, sostenendo il progetto del Forum Disuguaglianza e Diver­sità per la realizzazione di un centro europeo pubblico per la ricerca biomedica, per lo sviluppo di nuovi farmaci, vaccini diagnostica e tecnologie medicali. che capitalizzi gli investimenti avviati nel Paese e realizzi Centri Nazionali, programmi speciali e infrastrutture di ricerca, sostenendo la produzione industriale italiana del settore, la nostra attività brevettuale e l’indipendenza del Paese in settori strategici. In secondo luogo, incrementando gli investimenti pubblici nella rete dei centri di eccellenza della ricerca di base e clinica, a partire dalla rete degli IRCCS che devo­no operare in una prospettiva di ospedali di ricerca e di insegnamento come volano per il trasferimento delle conoscenze all’intero servizio sanitario; infine, l’ulteriore semplificazione delle procedure amministrative e di valutazione etica per l’avvio dei trial clinici e la revisione del contesto.

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